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AVULSIONE DENTARIA

D.A. Di Stefano, S. Maietti, G. Greco

L’avulsione dentaria rappresenta da sempre uno degli interventi più comuni e praticati nella professione odontoiatrica. Nella maggior parte dei casi si tratta di un atto puramente terapeutico, non elettivo, condizione che rende la fascia dei pazienti interessati estremamente ampia per età, condizioni socio-economiche e salute generale.
L’avulsione dentaria rappresenta un atto chirurgico che non può prescindere dalla raccolta di un’attenta anamnesi e deve essere preceduto da un’adeguata valutazione clinica e radiografica, per poter minimizzare rischi e complicanze post-operatorie.

Indicazioni
L’avulsione di un elemento dentale è indicata quando le lesioni a carico dello stesso non sono curabili mediante terapia conservativa, parodontale, protesica o chirurgica, oppure quando la conservazione dell’elemento risulta sfavorevole allo stato di salute generale o alla situazione locale.

L’avulsione può trovare indicazione in caso di:
– ampia lesione cariosa non recuperabile;
– malattia parodontale, lesioni endoparodontali o lesioni periapicali non curabili con altra terapia;
– causa di infezioni focali;
– fratture radicolari;
– malposizioni;
– denti soprannumerari;
– elementi inclusi o semi-inclusi;
– estrazioni strategiche nell’ambito di riabilitazioni complesse;
– trattamento ortodontico;
– eliminazione di focolai infettivi in pazienti immunodepressi o che devono sottoporsi a terapia radiante;
– fattori di tipo economico.

In ogni caso devono essere attentamente valutati prognosi dell’elemento dentario e rapporto costibenefici, tenendo sempre presente in questa valutazione anche i bilanci personali del paziente.

Controindicazioni
Possiamo distinguere due ordini di controindicazioni all’esecuzione di un’avulsione: sistemiche e locali. Possono avere un carattere più o meno relativo e vanno rapportate al singolo caso e al livello specialistico dell’ambiente in cui vengono eseguite.
Sistemiche:

– comuni a tutti gli interventi chirurgici;
– precedente trattamento con bifosfonati.

Locali:

– flogosi acuta delle mucose orali e/o dei tessuti parodontali;
– pericoronarite acuta;
– ascesso;
– continuità con tumore;
– precedente radioterapia;
– gravi alterazioni patologiche della mandibola;
– rischio di frattura;
– rapporti anatomici molto sfavorevoli (seno mascellare, nervo alveolare inferiore).

Tecnica chirurgica di base
Le avulsioni dentarie vengono generalmente eseguite in ambiente preparato secondo i principi della chirurgia pulita, per consentire una riduzione dei rischi infettivi e delle complicanze post-operatorie. La preparazione sterile non trova indicazione nell’esecuzione di una tecnica chirurgica di base, ma viene riservata a interventi di inclusione dentale più invasivi e prolungati, che espongono l’osso e i tessuti molli a maggiori rischi di infezione postoperatoria. La figura 1 mostra un ottavo in inclusione ossea totale associato a cisti follicolare.
È buona norma un’adeguata valutazione radiografica.

Nella tecnica di base possono essere sufficienti una radiografia endorale o un’ortopantomografia (figg. 2, 3). Ciò al fine di avere informazioni sul complesso dento-radicolare e sui rapporti con le strutture vicine. Una buona valutazione clinico-radiografica guida l’odontoiatra nelle più
appropriate manovre exodontiche. Ricordiamo che oggi molti siti post-estrattivi diventano sede di impianti con tecnica immediata o differita. È
quindi fondamentale un approccio che minimizzi il danno ai tessuti duri alveolari e molli. La figura 4 mostra un impianto posizionato in un recente sito post-estrattivo; si noti la conservazione delle pareti ossee. La tecnica chirurgica di base prevede le fasi di seguito descritte.

 

1. Preparazione
La scelta del tipo di anestesia dipende da:
– sede,
– grado di integrità del legamento parodontale,
– struttura ossea del paziente.
Per gli elementi dell’arcata superiore e per il gruppo frontale inferiore è sufficiente un’anestesia plessica dal lato vestibolare, associata a una dal lato palatale/ linguale. Se la corticale vestibolare è particolarmente spessa o è presente abbondante tessuto di granulazione raggiungibile attraverso il legamento parodontale, può essere necessario eseguire anche un’anestesia intralegamentosa.

Per i premolari inferiori, se la corticale ossea vestibolare non è troppo spessa, può essere sufficiente un’anestesia plessica (fig. 5), sia vestibolare che linguale, più o meno associata a un’anestesia intra-legamentosa (fig. 6). In caso contrario si dovrà ricorrere a un’anestesia tronculare al nervo alveolare inferiore.
Nei settori molari inferiori è indicata l’anestesia tronculare al nervo alveolare inferiore, eventualmente associata a un’anestesia intra-legamentosa. Un’eccezione è rappresentata da elementi le cui radici siano particolarmente corte o il cui legamento parodontale sia molto danneggiato: in questi casi può essere sufficiente la sola anestesia intra-legamentosa

2. Sindosmotomia (periotomia)
Con uno scollatore affilato o con un sindesmotomo si interrompono le fibre più coronali del legamento parodontale, per consentire successivamente l’inserimento della pinza da estrazione in posizione più apicale possibile. Se si prevede di utilizzare una leva diritta è bene scollare anche le papille interprossimali, per evitare di traumatizzarle nella fase di lussazione (fig. 7).
La sindesmotomia può essere eseguita anche con un bisturi, ma richiede maggiore controllo.

3. Lussazione
La lussazione consiste nell’interruzione in toto delle fibre del legamento parodontale che connettono la radice del dente all’osso alveolare.
La lussazione può essere eseguita direttamente con le pinze o preceduta dall’uso di una leva diritta.
Se si utilizza la leva, è necessario fare molta attenzione e controllare la forza applicata per evitare, se dovesse sfuggire in direzione linguale o palatale, di danneggiare i tessuti circostanti. Per avere il migliore controllo della leva, il dito indice deve appoggiarsi in prossimità della parte
lavorante. La figura 8 mostra la leva dritta in azione. La leva viene inserita nello spazio interprossimale perpendicolarmente all’asse del dente, e deve agire con un movimento di rotazione tra la cresta alveolare e l’elemento da estrarre, senza appoggiarsi al dente vicino, per evitare di
lussarlo o fratturarlo. Si utilizza per prima una leva sottile, in modo da inserirsi agevolmente nello spazio interdentale; successivamente si può ricorrere a una leva più robusta. L’efficacia della leva è massima quando non ci sono elementi dentari distalmente a quello da estrarre. La foto
9 illustra l’utilizzo della leva nello spazio interprossimale preservando la papilla. La sua azione è massimale, non
essendo presente un elemento vdistale.
La lussazione può essere realizzata anche mediante l’uso della pinza, tuttavia generalmente si associa l’uso dei due strumenti, completando con la pinza la lussazione già ottenuta con la leva. Oltre alla lussazione, la pinza consente di ottenere anche l’espansione dell’osso alveolare.
La pinza rappresenta lo strumento principale per l’esecuzione di un’avulsione semplice. È importante perciò scegliere quella adeguata all’elemento che dobbiamo estrarre. Esistono pinze da estrazione specifiche per i singoli denti e per i singoli settori della bocca, per consentire il massimo contatto tra il dente da estrarre e la pinza stessa e per ottenere un’ottimale trasmissione della forza.

La pinza deve essere posizionata il più apicalmente possibile, preferibilmente al di sotto della linea di giunzione amelo-cementizia del dente. La valva linguale o palatale viene posizionata per prima, essendo quella meno visibile durante l’estrazione. È fondamentale applicare una
forza controllata. A questo scopo è utile interporre un dito tra i due manici della pinza, per evitare di stringere con forza eccessiva e fratturare la corona (fig. 10).
Per ottenere una corretta lussazione e contemporaneamente l’espansione dell’alveolo, si devono eseguire movimenti lenti, ampi, con forza crescente, diretti prima verso la corticale più sottile e cedevole, poi verso quella più robusta, mantenendo la pressione per alcuni secondi per dare all’osso il tempo di espandersi. La pressione esercitata nell’inserire la pinza in direzione apicale permette di espandere l’alveolo nella sua parte più coronale. Il movimento in direzione vestibolare determina l’espansione del tavolato osseo vestibolare, soprattutto nella parte coronale, e rappresenta la componente principale del movimento di lussazione nell’arcata superiore e a livello di incisivi, canini e premolari nella mandibola. Il movimento in direzione linguale determina effetti simmetrici ed è utile per i molari inferiori, dove la corticale linguale è più cedevole di quella vestibolare. Nei monoradicolati è possibile aggiungere ai precedenti anche un movimento rotatorio.
La mano libera dell’operatore durante questi movimenti deve palpare il processo alveolare per controllare la forza applicata e ridurre il rischio di frattura. Quando l’osso inizia a espandersi, è possibile posizionare la pinza più apicalmente, rendendo la sua azione più efficace.

4. Avulsione del dente dall’alveolo
Dopo aver espanso l’osso alveolare e aver lussato il dente, è possibile estrarre quest’ultimo con una trazione in senso coronale e vestibolare. La forza applicata non deve essere eccessiva, per evitare che un cedimento improvviso del dente provochi un danno al paziente a livello dell’arcata antagonista.
La prima verifica che deve essere effettuata dopo l’avulsione è quella relativa all’integrità dell’elemento appena estratto (figg. 11, 12). Se si sospetta o si ha la certezza di aver fratturato una radice, è necessario individuare il frammento radicolare e rimuoverlo.

5. Curettaggio alveolare e revisione della cavità
Una volta verificata l’integrità dell’elemento estratto, si verifica l’integrità della corticale alveolare, sondando delicatamente le pareti e il fondo dell’alveolo. Con una curetta si esegue poi un’accurata revisione della cavità, al fine di rimuovere il tessuto di granulazione eventualmente presente nell’alveolo. La revisione della cavità consente di ridurre il rischio di infezione, favorisce la guarigione dell’alveolo con neoformazione ossea ed evita la formazione di cisti residue in caso di presenza di lesioni periapicali. Nella figura 13 si nota la presenza di formazioni granulomatose adese agli apici radicolari; non sempre bengono rimosse insieme al dente, per cui è fondamentale il curettaggio.
In caso di elementi che radiograficamente appaiono contigui al seno mascellare o al canale mandibolare, la revisione dell’alveolo deve essere effettuata con molta cautela, eventualmente astenendosi dal curettare il fondo della cavità.
Si procede infine al lavaggio dell’alveolo mediante irrigazione con soluzione fisiologica sterile, al fine di rimuovere eventuali frammenti di tessuto dentale o corpi estranei, riducendo il rischio di alveolite postestrattiva. Tale operazione, in caso di comunicazione con il seno mascellare, può essere indicativa in quanto il paziente avverte “ acqua dal naso”. La diagnosi di comunicazione oro-antrale può essere confermata eseguendo la manovra di Valsalva: si chiudono con le dita le narici del paziente e gli si chiede di espellere aria dal naso. Se c’è una comunicazione, si può evidenziare la fuoriuscita di aria con uno specchietto, che si appanna, e si può rilevare la formazione di bolle nel sangue all’interno dell’alveolo.

 

6. Sutura e controllo dell’emostasi
Prima di procedere con la sutura, l’osso alveolare precedentemente espanso viene ricondotto alla sua dimensione normale, esercitando una compressione digitale della parete vestibolare e linguale dell’alveolo. La compressione deve essere evitata solamente se è previsto l’inserimento di un impianto in sostituzione del dente estratto, per evitare di perdere spessore della cresta alveolare.
Eventuali spicule ossee possono essere rimosse con una pinza ossivora e tessuti molli in eccesso possono essere rimossi utilizzando un bisturi e la pinzetta chirurgica.
Queste manovre risultano necessarie soprattutto nel caso di estrazioni multiple, quando vengono eliminate le papille interdentali; lo scopo è quello di consentire la formazione di una cresta alveolare residua più regolare.
Prima di suturare si esegue un ultimo lavaggio con soluzione fisiologica o con clorexidina per rimuovere eventuali residui e disinfettare l’alveolo. In alcune situazioni la compressione può essere sufficiente ad avvicinare i margini della ferita; tuttavia, nella maggior parte dei casi,
punti di sutura singoli aiutano a riposizionare correttamente i tessuti molli e a stabilizzare il coagulo.
Terminata la sutura, per favorire l’emostasi si fa stringere al paziente, in modo da esercitare pressione solo sulla zona interessata, una garza imbevuta di fisiologica o clorexidina. È possibile anche posizionare nell’alveolo dopo il lavaggio spugne di fibrina o collagene per favorire l’emostasi (fig. 14). Queste, se si ritiene, possono essere imbibite di sostanze antibiotiche, disinfettanti ed emostatiche. La figura 15 mostra la papilla posizionata e un
punto per fissare la papilla.
Prima di dimettere il paziente, si controlla che nell’alveolo si sia formato un normale coagulo. Si impartiscono chiare e complete istruzioni del comportamento da tenere nel postoperatorio e dei farmaci da assumere e si consegna un promemoria scritto insieme alla ricetta dei farmaci. Si fissa l’appuntamento per la rimozione sutura e l’eventuale controllo. La figura 16 mostra un controllo a 20 giorni.