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Gli impianti

La riabilitazione delle zone edentule singole o multiple trova oggi nella tecnica implantare la miglior soluzione possibile. Grazie poi all’evoluzione dell’implantologia e alla esperienza maturata in campo medico scientifico è di molto aumentata la possibilità di sostituire con efficacia denti mancanti anche in quelle situazioni che in passato potevano sembrare proibitive perché “c’era poco osso”.

L’oggetto di uso comune che più somiglia ad un impianto è un tassello, un oggetto che più volte avrete usato o visto usare, ad esempio, per appendere un quadro o una mensola. Sostanzialmente un cilindro di titanio con delle spire all’esterno e cavo internamente con una filettatura attraverso la quale, poi, verrà avvitata una capsula grazie ad una vite passante.

A seguito di un’estrazione dentale occorrerà aspettare la completa guarigione ossea prima di verificare con una indagine radiologica specifica chiamata Cone Beam che esistano le condizioni per l’inserimento di un impianto e quale sia il miglior tipo di impianto da utilizzare in base alle caratteristiche e ai volumi ossei presenti. L’intervento di chirurgia  implantare è, a seguito di una opportuna anestesia locale, completamente indolore: come nella maggior parte delle procedure odontoiatriche le uniche sensazioni percepite dal Paziente saranno quelle legate alla pressione e alle vibrazioni ossia la sensazione “che si stia lavorando”, sensazioni magari poco piacevoli ma assolutamente non dolorose. Anche nei giorni successivi i disagi sono spesso piuttosto limitati anche grazie alla terapia farmacologica antibiotica e antinfiammatoria di supporto e il Paziente sarà in grado, salvo casi eccezionali, di svolgere le normali attività quotidiane. A seguito della fase chirurgica di posizionamento dell’impianto occorrerà poi aspettare il processo di osteointegrazione che consentirà all’impianto di divenire un tutt’uno con l’osso adiacente. Numerose sono le variabili che possono influenzare questo processo biologico (la posizione dell’impianto, la compattezza dell’osso, lo stato di salute generale del paziente, alcuni farmaci, etc.) e il tempo da trascorrere per la  protesizzazione dell’impianto (ovvero per poter rilevare l’impronta al fine della realizzazione della protesi prevista, ad esempio una capsula) può variare da 3 ai 6 mesi.

L’impianto funziona quindi come una radice artificiale sulla quale ancorare, o meglio avvitare o cementare, la protesi prevista sia essa un ponte, una capsula o una protesi che riabilita un’intera arcata.

In alcuni casi selezionati è possibile impiegare delle tecniche alternative a quella appena descritta che consentono una drastica riduzione dei tempi d’attesa tra l’estrazione di un dente e il raggiungimento di un elemento provvisorio fisso su impianto così che l’attesa del definitivo (che potrà comunque essere realizzato comunque solo dopo aver atteso il tempo necessario alla completa osteointegrazione) possa avvenire con grande minimizzazione dei disagi. Questo tipo di procedimento, solitamente riservato alle aree più estetiche dove i carichi masticatori sono contenuti, prevede che contestualmente all’estrazione del dente in questione si posizioni già l’opportuno impianto rilevando quindi un’impronta per la realizzazione di una capsula provvisoria entro le 24 ore: tale soluzione prende il nome di impianto post estrattivo a carico immediato.