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LA SCOPERTURA IMPLANTARE

Scopertura impianti
■ A distanza di tre-sei mesi dal posizionamento implantare, si procede alla seconda fase chirurgica.
Questa consiste nell’esporre la testa della fixture incidendo il tessuto che la ricopre, rimuovere la vite tappo e avvitare la vite di guarigione. Tutto ciò rende transmucoso l’impianto e garantisce il naturale passaggio cheratinizzato all’intero sistema fixture/abutment. Il tessuto perimplantare che andiamo a costruire dovrebbe essere sufficiente per cheratinizzazione e immobile sui piani ossei sottostanti. Essendo meno rispondente alle noxe patogene rispetto al parodonto, una sua adeguata quantità e qualità sarà presupposto di longevità implantare. La quantità di mucosa
cheratinizzata condizionerà altresì il profilo d’emergenza, l’ampiezza biologica, la capacità di autodetersione del sito e le esigenze estetiche.
Le due principali tecniche adottate e che descriveremo sono quella incisionale ed escissionale.
Vengono quindi scelte e modulate al fine di garantire una quantità di tessuto cheratinizzato perimplantare sufficiente. Laddove la quantità di mucosa cheratinizzata non fosse tale, si può ricorrere a tecniche più sofisticate quali lembi liberi o peduncolati. Fasi della ,scopertura implantare:
– individuazione della testa dell’impianto,
– anestesia,
– incisione o escissione mucosa,
– sostituzione della vite di copertura implantare con una vite di guarigione,
– riposizionamento tissutale ed eventuale sutura nel caso di incisione mucosa.

Tecnica chirurgica
1. Individuazione della testa implantare
Per ritrovare la testa implantare si può utilizzare la dima usata per la chirurgia, a patto che sia stata rispettata nel posizionamento chirurgico, oppure eseguire delle rx endorali con posizionamento di reperi. Previa anestesia di superficie è possibile punzonare il tessuto molle per individuare la vite tappo dell’impianto o, in casi di particolare ridotto spessore mucoso, ricercare la zona dove traspare la piattaforma implantare (figg. 1-3).

2. Anestesia
Viene eseguita in un secondo momento, perché l’infiltrazione di anestetico cambia il colore e la morfologia tissutale e quindi renderebbe più difficile reperire la testa implantare.
L’anestesia necessaria per la scopertura dell’impianto è una plessica più o meno vicina alla testa dell’impianto.
Oltre all’effetto anestetico, otterremo una vasocostrizione ed eventualmente una distensione dei tessuti in funzione del tipo di approccio chirurgico pianificato.
3. Escissione della mucosa In tale tecnica è importante avere ampiezza e spessore di tessuto cheratinizzato sufficiente. Mediante l’utilizzo di un mucotomo azionato manualmente o meccanicamente, si procede alla creazione di un tassello gengivale. Con una pressione gentile si procede in un’unica volta fino a sentire il piano osseo sottostante. Si ritrae lo strumento e se il tassello gengivale non è al suo interno lo si può rimuovere con una pinzetta chirurgica. Il mucotomo in genere dovrebbe avere un diametro compatibile con quello implantare. Garantendo una minore precisione, l’operazione può essere effettuata con lama a mano libera. Una semplice compressione con garza inumidita di clorexidina garantisce l’emostasi
(figg. 4, 5).

4. Tecnica incisionale
Si pratica un’incisione lineare in cresta o leggermente palatale all’emergenza dell’impianto, che può o meno essere associata a tagli di rilascio. Questi potrebbero interessare la linea mucogengivale, se si ritenesse opportuno mobilizzare il lembo. Risulta importante preservare il periostio interimplantare e vestibolare, onde non esporre l’osso e quindi non innescare meccanismi di riassorbimento.
Si procede quindi a mezzo spessore e, identificate le teste implantari, si incide il periostio che le sovrasta rimuovendo la vite tappo. In tal caso il tessuto che si guadagna sarà un valido collare di protezione per l’impianto (figg. 6-11). 

Tecnica più invasiva, ma comunque valida e codificata, prevede l’incisione a tutto spessore, esponendo viti tappo e osso. Ovviamente sarà necessaria una sutura che permetta al tessuto una guarigione per prima intenzione senza lasciare esposto osso tra gli impianti, cosa che può richiedere piccoli tagli di scarico tra impianto e impianto al fine di far aderire bene i lembi tra le varie viti di copertura e intorno a esse.

Con queste tecniche attenzione va posta alla necessità dei tagli di rilascio. Nell’eventualità in cui i lembi primari fossero particolarmente estesi per l’elasticità del tessuto, i rilasci potrebbero non risultare necessari. Viceversa possono essere indispensabili per un riposizionamento apicale del lembo, onde posizionare in modo ottimale lo strato cheratinizzato ed eventualmente far guarire per seconda la zona esposta (figg. 12, 13).
Da uno studio di Hartel et al. che mette in comparazione le due tecniche, si evince che la migliore metodica per preservare la maggior quota di tessuto aderente è la tecnica incisionale. Essa è sempre indicata tranne nei casi in cui lo spessore della mucosa aderente è inferiore a 1 mm, dove sarà giusto intervenire con tecniche addizionali; infatti, come si evince dall’importante studio di Buser et al. del 1990, è di 3 mm lo spessore adeguato per avere una qualità di autodetersione e detersione ottimale con le normali manovre di igiene orale.
Spessori maggiori non rendono facile la detersione e sono un presupposto di accumulo perimplantare.
Quindi, in presenza di spessori maggiori bisogna adottare tecniche di riduzione. Invece in presenza di spessori minori bisogna adottare tecniche di chirurgia mucogengivale perimplantare, indicate, tra l’altro, in situazioni di mucosa mobile o non cheratinizzata. Così se l’assenza di mucosa fissa e cheratinizzata in presenza di placca può indurre riassorbimento osseo, allo stesso modo una mobilità accentuata della mucosa perimplantare indotta dal movimento delle labbra, guance, lingua e frenuli, induce penetrazione batterica nel solco perimplantare, quindi riarrangiamento osseo.

5. Sostituzione della vite tappo con quella di guarigione
La sostituzione della vite che chiude il cavo dell’impianto con la vite di guarigione è un’operazione che non richiede particolare precauzioni, se non nella scelta dell’altezza e del diametro d’emergenza della stessa. La scelta in altezza deve essere fatta in base allo spessore del tessuto molle presente, che dovrà maturarvi intorno evitando assolutamente il contatto con l’antagonista e garantendo almeno 1 mm di sporgenza oltre la gengiva.
Il diametro d’emergenza, invece, è dettato dal sito in base al condizionamento tissutale che si desidera. Tale condizionamento mira a ottenere un profilo mucoso congruo a quello protesico ideale nello spazio da reintegrare, per ovvi motivi di estetica e di autodetersione.
Inoltre dovrà rendere facili le dovute manovre di mantenimento igienico, che rivestono un ruolo di primaria importanza per l’intero sistema implantare. È possibile, con le viti opportunamente modificate, condizionare progressivamente il profilo gengivale. L’attività condizionante sarà poi conclusa con l’utilizzo di provvisori.

Buser D, Weber HP, Lang NP. Tissue integration of non-submerged implants.

1 year result of aprospective study with 100 ITI hollow-cylinder and hollow-screw implants. Clin Oral Impl Res 1990; 1:33- 40.

Hartel RC, Blijdorp PA, Kalk W, Baker DL. Stage 2 surgical techniques in endosseous implantation. Int J Oral Maxillofac Implants 1994; 9: 273-8.

6. Riposizionamento tissutale e sutura
Come già accennato nella tecnica incisionale, bisogna provvedere a guadagnare adeguato spessore e ampiezza di tessuto vestibolarmente, per garantire la creazione di un valido manicotto mucoso, le cui fibre circonferenziali e i legami emodesmosomiali che si formano con il titanio creeranno un valido ostacolo alla penetrazione batterica. Per questo motivo un’adeguata gestione del tessuto, un valido riposizionamento e un’attenta sutura diventano importanti.
In alcuni casi, dove la scopertura è stata particolarmente precisa e il tessuto si mantiene in posizione semplicemente con la presenza della vite di guarigione, non vi sarà necessità di suturare. Viceversa si seguono i dettami di un lembo parodontale. Oggi, per avere sempre più rispetto dei tessuti molli, si tende a utilizzare suture di calibro minore con un numero di zeri sempre maggiore, grazie alle quali i risultati di guarigioni plastiche sono
sempre più prevedibili (figg. 14, 15).

 

fonte: Italian Oral Surgery